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LUNEDì PER LEGGERE – Nemici. Una storia d’amore

Non giudicare il libro dalla copertina (o dal numero di pagine, o dall'editore, o dall'autore)

Titolo del libro: Nemici. Una storia D’amore (Originale: “Sonim, di Geshichte fun a Liebe”)

Autore:  Isaac Bashevis Singer, 21/11/1902

Anno di pubblicazione:  pubblicato a puntate su “The Jewish Daily Forward” nel 1966. Scritto in lingua yiddish, fu tradotto in inglese da Aliza Shevrin ed Elizabeth Shub, quindi pubblicato in volume da Farrar, Straus and Giroux nel 1972 col titolo Enemies, a Love Story.

Editore: Biblioteca Adelphi

Pagine: 260

Commento a cura di: Silvia Valadè

 

Cosa leggiamo?

Un giorno a una domanda sull’importanza che aveva avuto l’amore nella sua vita Singer rispose:
“Grandissima, perché l’amore è amore della vita. Quando ami una donna ami la vita che è in lei”

Ambientato a New York nel 1949, il romanzo racconta la storia di Herman Broder, un ebreo polacco sopravvissuto allo sterminio nei campi nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale ma avendo perduto la moglie e i due piccoli figli; egli è rimasto nascosto in un fienile protetto da Yadwiga, una contadina polacca, generosa e appassionata, ma incolta e ignorante, che lo ama appassionatamente.
Non riesce a dimenticare i tre anni che aveva vissuto nascosto in un fienile, a Lipsk in Polonia, per sfuggire alla bestia nazista. Nelle orecchie gli rimbombano ancora “le urla dei nazisti che cercavano di stanarlo“.  Finita la guerra, Herman si trasferisce negli USA con la sua protettrice, diventata negli Stati Uniti sua moglie.
Lei avrebbe voluto dei figli ma Herman “stava ben attento a non metterla incinta. In un mondo in cui i bambini potevano essere strappati alle madri e fucilati, nessuno aveva il diritto di farne nascere degli altri” Qui, dove i profughi sono ancora ossessionati dai ricordi, l’uomo inizia una vita complicata e ossessiva: la moglie vive come una reclusa, e lui ha una relazione amorosa con un’altra giovane donna, anche lei sopravvissuta ai massacri tedeschi, Masha, a sua volta sposata ma separata.
Herman è ossessionato dalla sua bellezza e dall’attrazione sessuale che lei esercita su di lui.
Herman inganna la semplice e buona Jadwinga, “che è schietta e sincera quanto lui è subdolo e invischiato nelle menzogne“. Herman non sopporta di” starle accanto giorno e notte” e, poi, “la bontà di Jadwinga lo annoia”.
Con la moglie egli finge di essere un commesso viaggiatore che vende libri, mentre in realtà lavora come scrittore ombra per un rabbino egoista e corrotto. A un certo punto appare una terza donna, Tamara: è la prima moglie creduta uccisa durante l’Olocausto invece è sopravvissuta alla fucilazione, e ai campi di lavoro russi. Alla domanda di Herman sui campi russi, Tamara non risponde ed Herman non ripete la domanda: “In base alla sua personale esperienza con Masha e altri sopravvissuti ai campi tedeschi, Herman sapeva che non sarebbe mai stato possibile apprendere tutta la verità da chi era uscito vivo dai lager o dalle peregrinazioni attraverso la Russia-non perché quella gente mentisse ma perché per loro era impossibile riuscire a raccontare ogni cosa“.
Herman è disperato. Si scopre che anche con lei non era stato fedele e che l’indecisione ha sempre fatto parte del suo carattere.
Ma il sotteso di questo grandioso scritto dove ogni una parola, aggettivo o un sostantivo si trova nel posto perfetto e che descrive chirurgicamente luoghi, immagini e persone è più ampio della storia di uomini e donne con le loro grandi fragilità.
È lo spaccato di una Shoah diversa in qualche modo, paradossalmente più umana.
La seconda guerra mondiale ed i suoi orrori ci sono ben noti. Lo sterminio nazista antisemita altrettanto.
La ricostruzione a posteriori ha lasciato tutti noi gentili (non ebrei) ad immaginare il popolo ebraico colpito da questa enorme ingiustizia.
Un popolo fatto di persone. Persone di tutti i tipi. Anche di persone mediocri.
Non tutti eroi, quindi ,ma anche uomini e donne comuni, che il peso della sopravvivenza non ha elevato ma ha spezzato o peggio ancora ha lasciato alle soglie di questo secondo tempo di vita carichi degli orrori patiti per i quali l’inconscio collettivo trabocca accoglienza e comprensione.
In questo senso la mediocrità non vuole essere usata in un’accezione negativa o giudicante.
Forse nell’accezione dell’aura mediocritas celebrata dai romani in cui non possiamo tutti essere degli eroi e anche superati miracolosamente momenti epici torniamo ad essere quello che eravamo e che profondamente siamo. Imperfetti. Antieroi.

Tre parole che rimangono

Yadigwa: all’interno del romanzo la contadina buona ed ignorante rappresenta il presente domestico di Hermann, un presente noioso in cui è lui a dettare regole e norme poiché acculturato ed intelligente. Nella moderna New York tra le mura della loro casa Herman con lei, la seconda moglie, riesce a ricostruire una realtà più polacca. Chiusa in una casa che profuma della cucina tradizionale in attesa del suo uomo, confinata e frustrata nei suoi desideri e nelle sue aspettative semplici e femminili soprattutto quello della generatività.

Tamara: questa donna rappresenta l’amore sensuale ed anche la follia. In ella Hermann ritrova la gioia del confronto intellettuale ed anche dello scontro con le perturbazioni della mente. Lo scontro con le violente oscillazioni emotive. Personaggio, come tutti, profondamente segnato dal trauma dei campi di sterminio non si riprenderà mai completamente da essi; il dubbio è che anche prima di essi l’equilibrio della donna non fosse stabile ci coglie spesso. Nonostante questo o forse grazie anche a questo la relazione dei due sembra indissolubile, nonostante le conseguenze.

Masha: è la prima moglie del nostro protagonista. Rappresenta la sua biografia prima della guerra inevitabilmente è un testimone scomodo della nuova vita che disperatamente Hermann cerca d’interpretare sia per Yadigwa che per Tamara. Masha lo ha sposato in un tempo che ora sembra lontanissimo, ha messo al mondo due bambini che ha poi visto morire da sola. Sola ha affrontato i campi russi e sola è tornata. Cercandolo. Spinta da un non ben chiaro desiderio di ricostruzione. Più forte di lei ed anche della sua mente, la chiamata tradizionale al ricomporre ciò che c’era ciò che si era scelto. Lottando con la consapevolezza che tutto quanto è accaduto in seguito non può essere eliminato. Gli occhi con cui vede quest’uomo sono spietati e veritieri e nonostante tutto dolci ed in qualche modo accoglienti.

Non ci resta che...

Aprire la riflessione rispetto agli opposti. Rispetto all’ossimoro. Qui si narra di grandi storie di amore tra persone che sono profondamente nemiche tra loro e nemiche di loro stesse. Una forma profonda di amore e odio, necessità e reazioni contro fobiche, fusionalità e iato.
Nemici in sé e di sé, incapaci di ricomporsi nella serenità, fantasmi in cui il terrore ha spento la capacità di sentimenti profondi e autentici, i personaggi di questa storia di amori soccombono, a uno a uno, all’insostenibile peso dei ricordi di un passato sempre presente, mai trapassato.

Questo articolo è stato reso possibile grazie al prezioso contributo della libreria “Linea d’ombra” di Milano, che combatte ogni giorno per portare un po’ di cultura in questo mondo.