Nell’ormai lontano 1989 l’allora Presidente degli Stati Uniti, George H.W. Bush, dichiarò il decennio a venire come “Il decennio del cervello”, ponendo l’accento su come le neuroscienze avrebbero costituito un campo fondamentale nel panorama scientifico futuro. A più di venticinque anni di distanza le premesse e le aspettative riposte in questo ambito di ricerca hanno dimostrato pienamente la loro fondatezza: la comprensione della mente umana (anche) in termini biologici è infatti una delle sfide principali per la scienza odierna.
Nel ventesimo secolo il modello psicoanalitico, da una parte, e quello della struttura del DNA, dall’altra, sono i due percorsi che sono andati avvicinandosi ed incrociandosi fino ad arrivare a costituire quella che Eric Kandel nel 1998 e in seguito nel 1999 descriverà nella sua proposta per “A New Intellectual Framework for Psychiatry”: i processi mentali e l’apprendimento devono essere studiati considerando entrambi i contributi come indispensabili.
Eric Kandel, premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina nel 2000, è probabilmente una delle figure che meglio rappresenta, lungo tutto il suo percorso di ricerca (e di vita), la complessità e l’interdisciplinarità che caratterizzano lo studio della mente umana. In questa intervista del 2011, Kandel enuclea alcuni dei punti cardine del suo percorso: dallo studio della storia, passando per la psicoanalisi, fino ad arrivare alle neuroscienze, e sottolinea l’importanza di un approccio alla comprensione dell’uomo che integri i contributi delle diverse discipline. Buona visione!
Bibliografia consigliata:
KANDEL, E.R., (2005) Psychiatry, psychoanalysis, and the new biology of mind, [foreword by Herbert Pardes, commentaries by Judith L. Rapoport, Thomas R. Insel, Arnold M. Cooper, Donald F. Klein, Joseph LeDoux, Eric Nestler, Steven E. Hyman, Charles F. Zorumski, John M. Oldham], American Psychiatric Publishing Inc., Washington, D.C.
KANDEL, E.R., (1999) “Biology and the Future of Psychoanalysis: A New Intellectual Framework for Psychiatry Revisited”, in American Journal of Psychiatry, vol. 156, no. 4, 1999, pp. 505-524.